L’Universo Emotivo del Cane

I cani provano emozioni? Certo che si! Ognuno di noi ne è certo! Anche molti biologi sospettavano da tempo che fosse così ed ora, dopo aver sottoposto diversi esemplari a risonanza magnetica, non c’è ombra di dubbio!

Ormai non abbiamo più scuse: anche i più scettici non possono fare a meno di considerare questo aspetto della mente del proprio quadrupede… e per tutti è giunta l’ora di confrontarsi con questo universo in modo razionale e comprensivo, imparando a conoscere le emozioni del nostro migliore amico e a non attribuirgli sentimenti e pensieri, magari umani, che non gli appartengono.

Il nostro intento è quindi quello di curiosare nella mente del cane con spirito analitico, mettendo da parte quello che crediamo di sapere su di lui, per cercare di capire quanto è simile il nostro universo emotivo con il suo, e in che misura invece è diverso.

Partiamo dall’inizio, e andiamo a vedere come si forma un’emozione: a determinare un’emozione concorre un’interazione tra ormoni, cervello e sistema nervoso.

Questi elementi collaborano insieme per determinare gli stati d’animo e ogni emozione, anche la più semplice, non può essere identificata semplicemente prendendo in esame uno solo di questi aspetti.

Quindi:  le emozioni partono dagli ormoni ma non sono solo ormoni, determinano una reazione del sistema nervoso ma non possono esistere senza una elaborazione più complessa del cervello.

Ed è nel cervello che avvengono le cose più interessanti.

La “sede” (per quanto non sia possibile attribuire un’unica zona specifica per una specifica funzione) della maggior parte delle emozioni è situata nel mesencefalo, una regione comprendente anche i centri della memoria e delle sensazioni di piacere/fastidio (amigdala e ipotalamo), oltre che una delle parti più antiche del cervello, comune a tutti i mammiferi.

Ciò significa che il pensiero razionale (dell’uomo) si è evoluto successivamente a partire dal cervello emotivo: questo ci dice già molto sull’importanza delle emozioni in ogni ambito dell’esistenza, apprendimento compreso (il sistema di piacere/fastidio è ciò che viene maggiormente usato per il training, ma anche noi esseri umani ricordiamo più facilmente gli eventi che sono connessi ad una qualche emozione).

Se è comune l’area in cui le emozioni nascono, è però nel resto del cervello che vengono elaborate e diventano un’esperienza personale e soggettiva.

E qui troviamo le differenze tra specie e specie: differenze negli apparati sensoriali, che ci forniscono gli elementi per creare la nostra specifica rappresentazione del mondo e di conseguenza la reazione emotiva ad esso; differenze nello sviluppo della neocorteccia e del pensiero razionale, che nell’uomo ha modificato profondamente determinate emozioni fino a crearne di più complesse.

Tutte queste differenze ci portano a pensare che esista un aspetto estremamente personale nel modo in cui il cane vive le sue emozioni, un universo soggettivo che non potremo forse mai comprendere fino in fondo, non disponendo del suo stesso apparato percettivo, né dei suoi stessi schemi mentali.

Non possiamo quindi attribuire con leggerezza le emozioni umane ai nostri amici pelosi, ma, se vogliamo essere dei proprietari comprensivi, dobbiamo ammettere che il nostro cane può reagire nelle diverse situazioni in modo diverso dalle nostre aspettative (ovvero da come reagiremmo noi nelle stesse situazioni).

Un caso esemplare, a tal proposito, riguarda il senso di colpa. Moltissimi proprietari giurerebbero che i loro cani sono in grado di provare quest’emozione, tant’è che il web è pieno di video intitolati “classifica dei cani colpevoli”.  Per verificare se questa convinzione sia fondata, è stata condotta una ricerca presso il Barnard College di New York: ad un campione di cani è stato insegnato a rifiutare un biscotto offerto da un estraneo, in presenza del proprietario. Poi è stato chiesto ai padroni di uscire, dicendo loro che sarebbe stato proposto il biscotto al cane in loro assenza. Quindi veniva riferito loro il comportamento del loro fido compagno e si chiedeva ai proprietari di tornare dal proprio cane e comportarsi come erano abituati a fare a seconda se il cane avesse ubbidito o meno. Ovviamente ai proprietari non veniva detta sempre la verità riguardo a ciò che aveva fatto il loro animale, in modo tale da poterne condizionare il comportamento una volta rientrati nella stanza.

Ebbene: i risultati di questo studio hanno mostrato come il linguaggio del corpo del cane dipenda non da ciò che aveva fatto, ma dall’atteggiamento assunto dal padrone (a sua volta influenzato da quanto gli era stato riferito).

Questo studio, oltre a sottolineare quanto le nostre convinzioni riguardo le capacità dei nostri migliori amici influenzano il modo in cui li osserviamo, ci invita a riflettere sul fatto che non tutte le emozioni umane possono essere attribuite ai cani, perché esistono diverse complessità anche nel mondo dei sentimenti.

Anche in psicologia umana si distinguono le emozioni primarie (come paura, rabbia, affetto, gioia) ovvero le emozioni innate che non abbiamo bisogno di imparare, da quelle secondarie (come imbarazzo, lutto, senso di colpa o gelosia), che richiedono un certo grado di consapevolezza e di coscienza degli altri. Anche nei bambini alcune delle emozioni secondarie non compaiono se non dopo i 18 mesi di età, e la consapevolezza di questi stati d’animo non arriva prima degli 8 anni.

Ciò significa che alcuni sentimenti richiedono un’educazione  emotiva di base e una certa esperienza degli altri per poter essere comprese: questo implica una capacità che non è sempre presente nel cane. Effettivamente, al di là della gelosia, è difficile attribuire altre emozioni secondarie al nostro migliore amico: significa che la capacità umana di provare emozioni è superiore? Non esattamente!

Al cane manca la complessità del pensiero razionale, è vero, ma a noi manca il suo fiuto sottile. Questo è importante perché l’olfatto (insieme al gusto) è l’unico dei sensi che è collegato direttamente con i centri emotivi del cervello e, di conseguenza, odori ed emozioni sono inscindibii: in pratica ci perdiamo una fetta di universo emotivo grande quanto il fiuto del nostro cane. La differenza, se non consiste nella complessità degli stati d’animo, probabilmente riguarda l’intensità delle emozioni provate dal nostro amico a quattro zampe.

Le differenze non mancano e, tanto più cercheremo forzatamente di attribuire al nostro cane sentimenti che non gli appartengono, tanto più cresceranno le incomprensioni e i problemi nella relazione con loro.

Non c’è niente di più difficile, come niente di più importante, che imparare ad entrare nell’universo dell’altro, lasciandoci alle spalle le aspettative e mettendoci in atteggiamento di ascolto. È così che si creano dei rapporti – o dei momenti – di qualità e avviene davvero una comunicazione efficace.

 Angelica Da Ronco – Educatrice Cinofila

Bibliogafia:

John Bradshaw “la naturale superiorità del cane sull’uomo”, Rizzoli Editore

http://www.nienteansia.it/articoli-di-psicologia/psicologia/emozione-e-olfatto/2061/

Alexandra Horowitz: “Disambiguating the ‘guilty look’. Salient prompts to a familiar dog behaviour”, in “behavioural process”, 81, 2009

Daniel Goleman: “intelligenza emotiva”, Edizioni Bur